
Gioia mia arriva sulle scene cinematografiche come un’opera prima che ha già fatto parlare di sé: presentata al 78° Festival di Locarno, ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria – Cine+ e ha valso ad Aurora Quattrocchi il Pardo per la migliore interpretazione femminile. Dopo l’anteprima a Alice nella città, la pellicola sarà distribuita al pubblico italiano da Fandango a partire dall’11 dicembre, proponendosi come una proposta autoriale dal respiro europeo ma dal cuore profondamente siciliano.
La trama di Gioia mia racconta l’incontro/scontro tra due universi: da una parte Nico, un bambino scontroso, vivace e cresciuto in una realtà contemporanea iperconnessa; dall’altra, la sua anziana zia, una signorina profondamente religiosa e dal carattere scorbutico che vive in un antico palazzo privo di tecnologia. Ambientato in una Sicilia che evoca atmosfere gattopardesche, il film segue l’estate che trascorreranno insieme, un tempo sospeso che costringerà entrambi ad uscire dal rispettivo guscio e a scoprire nuove fragilità e risorse.

Il giovane protagonista è interpretato da Marco Fiore, classe 2012, che si era già distinto per la sua prima apparizione in “Supersex” nel ruolo sorprendente di Rocco Siffredi da bambino. La performance di Fiore è centrale per rendere credibile il percorso emotivo del racconto: un bambino impertinente ma sincero, capace di mettere in crisi convinzioni familiari e personali. La relazione con la zia, inizialmente conflittuale, diventa lo strumento narrativo per esplorare cambiamento e crescita.
Accanto a lui, la presenza di Aurora Quattrocchi dà al film una solida misura interpretativa. Attrice con una lunga esperienza teatrale e cinematografica, Quattrocchi ha nel curriculum titoli significativi come “Mery per sempre”, “I cento passi”, “Nuovomondo”, “Anime nere” e “Nostalgia”. La sua zia è ritratta con una complessità che non scade nel cliché: la religiosità diventa materia viva, popolata da credenze, angeli e superstizioni, e la recitazione di Quattrocchi riesce a bilanciare durezza e tenerezza.
Al centro del progetto si collocano temi forti e universali: lo scontro tra modernità e tradizione, il confronto tra ragione e religione, e il contrasto tra velocità e lentezza. Questo racconto di formazione prende le sembianze di una storia intima che conserva, però, una capacità di parlare a platee ampie. La Sicilia del film non è solo paesaggio, ma un personaggio che custodisce leggende, memorie familiari e un tempo sospeso, elemento imprescindibile per la poetica dell’opera.
La regia d’esordio di Margherita Spampinato si distingue per un approccio narrativo garbato e al tempo stesso appassionato: sapienti scelte di ritmo, una gestione attenta degli spazi e un uso calibrato della luce descrivono il calore soffocante di un’estate isolana. Spampinato costruisce sequenze evocative che privilegiano il punto di vista emotivo dei personaggi, insistendo su dettagli che trasformano il quotidiano in materiale cinematografico capace di evocare empatia e riflessione.

Il percorso festivaliero di Gioia mia ha contribuito a creare aspettativa: la tappa al 78° Festival di Locarno e l’anteprima a Alice nella città hanno consentito al film di incontrare critica e pubblico specializzato, raccogliendo riconoscimenti come il Premio Speciale della Giuria – Cine+ e il Pardo per l’interpretazione femminile. Questi riconoscimenti segnalano la validità del progetto e la capacità degli interpreti e della regista di raccontare con originalità una storia intima e sociale.
In vista dell’uscita in sala l’11 dicembre, distribuita da Fandango, Gioia mia si propone come titolo da non perdere per chi cerca un cinema di qualità che sappia fondere sentimento e riflessione. Il film si rivolge non solo a un pubblico appassionato di cinema d’autore, ma anche a spettatori interessati ai grandi temi generazionali, alla memoria e ai rapporti familiari, promettendo una visione che emoziona senza indulgere nel facile sentimentalismo.




