Il 22 novembre segna il debutto su Netflix del film “Joy”, diretto da Ben Taylor. Questa pellicola racconta una storia che ha cambiato il corso della medicina e della vita di molte persone, ovvero la nascita di Louise Joy Brown, la prima “bambina in provetta” al mondo, avvenuta nel 1978. La sua nascita rappresenta il culmine di un intenso lavoro svolto da schiere di chirurghi, scienziati ed embriologi.
Scritto dallo sceneggiatore Jack Thorne, Joy offre uno sguardo sull’incredibile impresa di un gruppo di pionieri che hanno reso possibile la fecondazione in vitro (IVF). Il film mette in luce le sfide e le vittorie di coloro che hanno dedicato la propria vita a risolvere i problemi di infertilità, aprendo così nuove strade per milioni di coppie in tutto il mondo.
Il cast è composto da talenti del calibro di Thomasin McKenzie, James Norton e Bill Nighy, mentre la narrazione è vista attraverso gli occhi di Jean Purdy (interpretata da McKenzie), un’infermiera ed embriologa che ha collaborato con lo scienziato Robert Edwards e il chirurgo Patrick Steptoe. Insieme hanno affrontato enormi ostacoli e opposizioni per realizzare il loro sogno scientifico.
La ricerca di informazioni su Jean Purdy si è rivelata una vera sfida per Thomasin McKenzie. Nonostante il suo ruolo cruciale nella realizzazione della IVF, ben poco si sa di lei. Come ha rivelato l’attrice: “Non c’erano molte informazioni disponibili su di lei”. Solo pochi documenti e interviste sparse aiutano a comprendere la portata del suo contributo. Tuttavia, è chiaro che Purdy meritava maggior riconoscimento per il suo lavoro.
Per approfondire la figura di Purdy, McKenzie ha visitato un laboratorio di fecondazione in vitro presso il Guy’s Hospital di Londra. Lì è stata testimone di procedure incredibili e ha potuto connettersi con la passione e dedizione che Purdy aveva verso il suo lavoro. “È stato molto emozionante… l’idea che un embrione potrebbe diventare una persona” ha affermato McKenzie, esprimendo il suo stupore per il processo scientifico.
La storia di Louise Joy Brown, nata il 25 luglio 1978, è centrale nel film Joy. Secondo la dottoressa Daniela Galliano, specialista in Ostetricia, questa data segna un importante traguardo nel campo della riproduzione assistita. La ricerca scientifica ha fatto enormi progressi da allora, e oggi ci sono risultati incoraggianti riguardo l’utilizzo delle tecniche di fecondazione assistita.
Galliano sottolinea come il film sia fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle emozioni e frustrazioni di chi affronta l’infertilità. Essendo un problema che riguarda circa il 17,5% della popolazione adulta, è essenziale trattare l’infertilità come una patologia seria, con un linguaggio empatico e rispettoso. “Le donne spesso si sentono giudicate quando parlano della loro esperienza con la PMA” aggiunge Galliano, evidenziando la necessità di combattere lo stigma sociale legato a questo tema.
In Italia, la situazione non è diversa; circa il 15% delle coppie affronta problemi di infertilità. Ma dopo la nascita di Louise, il Paese ha visto progressi significativi, tra cui la nascita nel 1983 della prima bambina concepita grazie alla PMA. Grazie alla legge 40/2004, da allora i trattamenti e i tassi di gravidanza sono aumentati, con oltre 217.000 bambini nati grazie a queste tecniche.