“Ciao Bambino” è il lungometraggio d’esordio di Edgardo Pistone. Presentato nella sezione Freestyle della Festa del Cinema di Roma ( dove ha vinto il premio per la migliore Opera Prima), questo film rappresenta un tentativo di dare forma a sentimenti e interrogativi che hanno radici profonde nella vita del regista. Prodotto da Bronx, Anemone, Mosaicon Film e sostenuto dal Mic e dalla Regione Campania, il progetto ha visto anche la collaborazione della Film Commission Regione Campania.
Con una narrativa che si dipana in un suggestivo bianco e nero, la sceneggiatura è frutto della penna di Pistone e Ivan Ferone. Il cast è composto da giovani talenti selezionati tramite un rigoroso street casting, tra cui spiccano nomi come Marco Adamo, Anastasia Kaletchuk e Luciano Pistone. Ogni attore porta sullo schermo personaggi che non distano molto dalla realtà e dalle esperienze vissute nei quartieri popolari di Napoli.
“L’autore deve raccontare ciò che conosce,” afferma Pistone, “ma il rapporto con i nostri cari e i luoghi che ci circondano racchiude sempre dei misteri”. Con questa pellicola, il regista ha cercato di chiarire le proprie emozioni, affrontando il dolore e la vulnerabilità e scoprendo, in realtà, che la situazione è diventata più complessa. La sceneggiatura, d’altra parte, è fluita naturalmente, ma c’è stata necessità di un profondo lavoro interiore per rappresentare al meglio certe esperienze personali.
La trama di “Ciao Bambino”: è ambientata nell’ultimo scorcio dell’estate e segue le vicende di Attilio, un diciannovenne del Rione Traiano, che si trova a proteggere una giovane prostituta ucraina. Senza poterlo ammettere, Attilio si innamora di lei, ma la sua vita si complica ulteriormente quando il padre esce di prigione e gli impone di ripagare un pesante debito. Qui inizia il conflitto tra il suo amore e il legame familiare, mettendo a rischio la sua libertà e la sua stessa vita.
Marco Adamo, che interpreta Attilio, ha condiviso la sua esperienza: “Non è stato difficile interpretare il mio personaggio, poiché è un ragazzo come tanti, con una vita piena di sfide”. Scoperto mentre correva a comprare del detersivo, Adamo è stato coinvolto nel progetto dopo diversi provini, trovandosi a lavorare con colleghe come Anastasia Kaletchuk, già selezionata per il ruolo di protagonista. L’intesa tra i due attori è stata immediata, facilitata dalla libertà creativa concessa dal regista.
Pistone, infatti, ha chiarito che la ricerca dei membri del cast si è concentrata sulla bellezza e tenerezza, elementi fondamentali nella narrazione. “Desideravo rappresentare la bellezza, in controtendenza con le solite narrazioni degradanti,” ha spiegato. Il processo di casting è stato entusiasmante e ha permesso ai giovani di esplorare i propri personaggi in modo autentico e sincero.
Il Rione Traiano, con la sua architettura ispirata alle periferie americane, funge da scenario perfetto, rappresentando un luogo dove la vita quotidiana è caratterizzata da un forte senso di vuoto. “Volevo raccontare un vuoto cosmico,” ha detto Pistone, “dove anche semplici momenti come mangiare un panino si vivono ai margini delle strade”. Questo ambiente desolato riflette il conflitto interiore dei protagonisti, creando un legame tra paesaggi emotivi e fisici.
Un altro tema centrale del film è l’eredità, non solo quella materiale, ma anche quella sentimentale e sociale. Pistone ha spiegato come il film indaga il rapporto tra adolescenti e il loro desiderio di definire la propria identità. La questione su come diventare ciò che si desidera è un argomento universale e attuale, specialmente in una società complessa e turbolenta come quella napoletana.
“Ciao Bambino” è molto più di un semplice film; è un viaggio attraverso le emozioni umane, i legami familiari e le difficoltà della vita di strada. Attraverso una narrazione poetica e realistica, Edgardo Pistone offre uno sguardo profondo sulle esperienze giovanili, rendendo omaggio alle storie non raccontate delle periferie italiane. La speranza è che questo lavoro possa stimolare una riflessione su temi cruciali e dare voce a chi spesso rimane inascoltato.