Stefano Chiantini torna alla regia con un film che offre uno sguardo profondo e delicato sulla vita di donne in situazioni difficili. “Una madre” rappresenta una nuova odissea quotidiana, questa volta al femminile, allontanandosi dai racconti convenzionali per mostrare momenti autentici e sentiti.
Due anni dopo il suo precedente lavoro, “Il ritorno”, Chiantini ci presenta una storia che ruota attorno alla vita di Deva, interpretata da Aurora Giovinazzo. La giovane donna vive in una roulette con sua madre, un’emarginata persa tra le difficoltà della vita e la dipendenza dall’alcol e dalla prostituzione. Un contesto davvero complesso, dove l’assenza di una figura paterna rende tutto ancora più difficile.
La trama si snoda attorno alle dure esperienze di Deva, che sta affrontando decisioni gravose, tra cui un aborto, le cui cicatrici emotive sono visibili nel suo sguardo. Tuttavia, la sua vita subisce un cambiamento quando incontra Carla, una pescivendola che le offre un impiego part-time nella sua pescheria e come babysitter del nipote.
Questo incontro segna un punto di svolta nel film: il bambino, una riflessione del bambino mai nato, diventa simbolo di speranza e umanità per Deva. Chiantini riesce a creare un racconto in cui le esistenze frantumate di queste tre donne si intersecano, tutte in cerca di un barlume di luce in una vita segnata dalla disperazione.
Nel film, vediamo come il precarietà mentale delle protagoniste sia sempre in bilico, ma qualcosa sembra cambiare nel loro rapporto. Se in “Il ritorno” l’atmosfera era pesante e senza prospettive, in “Una madre” emergono sprazzi di vita e di solidarietà tra le donne. Questa complicità è palpabile anche grazie al legame che si crea tra le attrici sul set.
Micaela Ramazzotti e Angela Finocchiaro completano il cast con interpretazioni intense e coinvolgenti, mentre Francesco Salvi e Michele Eburnea arricchiscono ulteriormente la storia. La chimica tra queste attrici riesce a portare in scena dinamiche autentiche di solidarietà femminile, mostrando come, nonostante le avversità, ci sia ancora spazio per la connessione umana.
Il film dura circa 80 minuti ed è prodotto dalla World Video Production. È un’opera che invita a riflettere sull’importanza delle relazioni umane e sulla capacità di resistere e trovare nuove strade, anche in situazioni che sembrano impossibili.