
No Other Land è stato improvvisamente sottratto dal palinsesto Rai previsto per il 7 ottobre, secondo quanto ricostruito da Il Fatto Quotidiano. La vicenda, descritta come frutto di un’«imposizione dall’alto», ha suscitato polemiche e interrogativi sul funzionamento interno del servizio pubblico. Dopo un annuncio iniziale la programmazione è stata cambiata in pochi giorni, lasciando molte domande aperte sull’origine e sulle responsabilità della decisione.
Il lavoro in questione è un documentario pluripremiato e proiettato con successo nei principali festival internazionali: si tratta di un ritratto corale della resistenza palestinese in Cisgiordania che ha raccolto il plauso della critica per la sua prospettiva umana e composita. La qualità cinematografica e il valore informativo dell’opera sono stati ampiamente riconosciuti, tanto da valergli visibilità e attenzioni nel circuito culturale internazionale.
La scelta di programmare la trasmissione proprio il 7 ottobre non era casuale: la data coincide con il secondo anniversario dell’attacco di Hamas a Israele, una ricorrenza particolarmente sensibile. L’intento dichiarato da chi aveva deciso la messa in onda era di offrire una narrazione alternativa, meno binaria e più orientata all’umanità delle persone coinvolte, proponendo al pubblico un punto di vista differente sulle dinamiche del conflitto mediorientale.
La trasmissione era stata formalmente discussa e approvata nelle sedi interne della Rai e annunciata pubblicamente il 25 settembre a Roma da Adriano De Maio, direttore dell’area Cinema e Serie TV. Fonti interne riferiscono che la decisione di includere il film nel palinsesto era frutto di un percorso editoriale e professionale compiuto all’interno della struttura di Viale Mazzini, con l’intenzione di aprire un confronto pubblico sul tema.
Pochi giorni dopo l’annuncio, però, sarebbe intervenuta una telefonata definita di «natura politica», fonte che al momento resta ignota. Secondo le ricostruzioni, questa chiamata avrebbe indotto la Rai a rivedere i piani in tempi rapidissimi: una retromarcia che molti testimoni interni hanno definito come una forma di pressione esterna sulla programmazione del servizio pubblico. Si parla di una telefonata dall’alto che ha cambiato la tabella di marcia già fissata.
Il cambiamento è stato formalizzato con un comunicato nel quale si annunciava che «Martedì 7 ottobre Rai dedicherà alla ricorrenza e alla situazione in Medio Oriente uno spazio informativo in prima serata». Contestualmente il documentario è stato spostato: la nuova data comunicata è il 21 ottobre, in onda sempre in prima serata su Rai 3. La soluzione tecnica risponde alla necessità di evitare sovrapposizioni, ma non ha placato le polemiche politiche e culturali suscitate dalla decisione.
La vicenda ha alimentato accuse di censura e di ingerenza politica, riaprendo il dibattito su indipendenza editoriale e ruolo del servizio pubblico. Diversi commentatori e addetti ai lavori hanno sottolineato come la scelta di rinviare un prodotto culturale già approvato possa ledere la credibilità della Rai e minare la fiducia del pubblico nella sua autonomia nella scelta dei contenuti.
Dietro il documentario non ci sono solo questioni editoriali ma anche storie personali drammatiche: tra i protagonisti del film e i suoi autori si segnalano episodi recenti di violenza e repressione. Basel Adra, uno dei registi, è stato recentemente investito da coloni e ha subito l’occupazione della propria abitazione; a marzo Hamdan Ballal è stato picchiato e arrestato dall’esercito israeliano; e quest’estate l’attivista Odeh Hadalin, ritratto nel film, è stato ucciso da un colono in Cisgiordania. Questi fatti sottolineano la concretezza e la gravità del contesto narrato.
La dinamica del rinvio pone interrogativi non solo sulla singola programmazione ma anche sulla gestione dei contenuti sensibili in televisione pubblica e sul dovere di garantire al pubblico accesso a informazioni e storie diverse. Molti osservatori chiedono maggiore trasparenza sulle ragioni ufficiali del cambiamento e una chiara spiegazione dei criteri che guidano la scelta dei palinsesti in situazioni di alta tensione politica.