
Il mio giardino persiano (My Favourite Cake) è un’opera cinematografica iraniana del 2024, realizzata dalla talentuosa regista Maryam Moghaddam insieme a Behtash Sanaeeha. Il film ha avuto l’onore di essere presentato in concorso al Festival del Cinema di Berlino 2024, dove ha conquistato il prestigioso Premio della Giuria Ecumenica e il Premio FIPRESCI. Questo capolavoro è disponibile nei cinema italiani a partire dal 23 gennaio grazie alla distribuzione di Academy Two.
La trama si concentra su Mahin, una donna matura e vedova, che vive da sola nella sua casa a Teheran. Dopo una divertente riunione con le amiche, Mahin decide di rompere la monotonia della sua vita solitaria e di aprirsi nuovamente all’amore. Con un gesto audace, incontra Faramarz, un anziano tassista e ex soldato, anch’esso solo. Inizialmente è lei a farsi avanti, sfidando le normative sociali e le leggi del regime islamico, dando inizio a una connessione profonda e emozionante.
Con un linguaggio poetico e uno stile delicato, Il mio giardino persiano rappresenta il lavoro di artisti iraniani che, nonostante le difficoltà, continuano a produrre opere cariche di significato e innovazione. In un contesto di repressione, questi film riescono a esprimere un forte messaggio di libertà e creatività, sfidando le norme imposte dalla società.

Il film ha riscosso un notevole successo al Festival di Berlino 2024, con i registi impossibilitati a partecipare poiché privati dei passaporti dal regime iraniano. Moghaddam e Sanaeeha hanno dichiarato: “Ogni storia, anche quelle apparentemente non politiche, acquisisce inevitabilmente un significato politico in Iran, dove tutto è interconnesso alla situazione attuale del Paese”. Questa affermazione sottolinea l’importanza di ogni singolo momento della vita quotidiana, dall’abbigliamento alle relazioni interpersonali.
Il film tocca temi universali, andando oltre le limitazioni imposte alla condizione femminile in Iran. La narrazione invita a riflettere sulla bellezza delle piccole cose e sull’importanza di assaporare ogni istante, indipendentemente dall’età o dalla situazione personale. Le interazioni tra Mahin e Faramarz, splendidamente interpretati da Lily Farhadpour ed Esmail Mehrabi, si trasformano in un’esperienza genuina e commovente, ricca di momenti di vita condivisi.
Attraverso dialoghi semplici, momenti di convivialità, balli e risate, i due protagonisti mostrano come anche una sola notte possa racchiudere la gioia e la freschezza di una vita intera. I registi riescono a creare una vera e propria rivoluzione privata, sfidando non soltanto le leggi della Repubblica Islamica, ma anche gli stereotipi associati all’amore e alle relazioni nella stagione matura della vita. Questo avviene all’interno di spazi intimi e accoglienti, come il giardino di Mahin.
Un elemento distintivo del film sono i piani sequenza che il duo di registi utilizza per esprimere la complessità delle emozioni umane, dando corpo al tempo e allo spazio attraverso suoni e silenzi. La ricerca di un legame autentico tra Mahin e Faramarz si fa palpabile, trasmettendo una dolcezza e una tenerezza rare.
Durante la conferenza stampa al Festival di Berlino, i posti dei registi erano vuoti, simbolo delle restrizioni vigenti per coloro che osano affrontare tematiche considerate controverse nel panorama cinematografico iraniano. Le loro opere si distaccano dai tradizionali racconti post-rivoluzione, mostrando una società sotto una luce nuova e vibrante. Mahin, per esempio, non è solo una pensionata che trascorre le sue giornate in solitudine; è una figura che combatte per il cambiamento, proteggendo la libertà di altre donne dalle imposizioni di una polizia morale opprimente.
La storia prosegue, e mentre la relazione tra i due protagonisti evolve, il film non si priva di inserire toni più cupi verso il finale. Tuttavia, un lieto fine sarebbe risultato poco appropriato per il contesto narrativo. Il mio giardino persiano dimostra come la vita, pur nella sua fragilità e nelle sue complessità, possa sempre offrire momenti di bellezza e significato, rendendoci partecipi di una realtà che si ostina a vivere nonostante le avversità.