La recente decisione delle autorità turche ha portato a conseguenze pesanti per il cinema d’autore. Il festival annuale di MUBI a Istanbul, previsto dal 7 al 10 novembre, è stato annullato dopo che la proiezione del film “Queer”, diretto da Luca Guadagnino, è stata vietata. Questo film, tratto dal romanzo di William S. Burroughs e con Daniel Craig nel ruolo di un espatriato gay, avrebbe dovuto essere il film di apertura del festival.
Le motivazioni ufficiali fornite dalle autorità locali parlano di “contenuti provocatori che potrebbero mettere in pericolo la pace pubblica”. Tuttavia, questa giustificazione solleva interrogativi profondi riguardo alla libertà artistica e alla censura. MUBI ha reagito all’annullamento della proiezione affermando che tale divieto colpisce “l’essenza e lo scopo stesso” del festival.
Solo poche ore prima dell’inizio del festival, il Governatorato di Kadıköy di Istanbul ha espresso la sua decisione, suscitando incredulità nella comunità cinematografica. In un momento in cui l’evento era già stato annunciato e registrato il tutto esaurito, la cancellazione della proiezione di “Queer” ha segnato un colpo significativo per la libertà di espressione in Turchia.
Questa situazione mette in evidenza come i festival cinematografici rappresentino spazi cruciali per celebrare l’arte e la cultura. Presentazioni come quella di “Queer”, che esplorano temi di diversità e identità, sono essenziali per un dialogo aperto e inclusivo. La cancellazione della proiezione non è solo un attacco a un singolo film, ma una minaccia alla libertà di espressione e alla celebrazione della diversità culturale.
È interessante notare che “Queer” ha già ottenuto riconoscimenti a livello internazionale, avendo avuto la sua anteprima mondiale al Festival di Venezia e successivamente al Toronto Film Festival. Sebbene la sua uscita negli Stati Uniti con A24 sia programmata, la tempestiva acquisizione da parte di MUBI per vari territori, tra cui Regno Unito, Irlanda, Canada, America Latina, Germania, Austria, Benelux, Spagna, Turchia e India, mostra un forte interesse verso storie che sfidano le norme e abbattono le barriere.
È chiaro che tale divieto non sia solo una questione di contenuti, ma un riflesso delle tensioni sociali e politiche attuali. Le autorità turche hanno ritenuto più sicuro ritirare un’opera d’arte piuttosto che affrontare le questioni più profonde e controverse che essa potrebbe sollevare. Questa è una realtà preoccupante per tutti coloro che credono nell’importanza dell’arte come veicolo di cambiamento sociale.
In conclusione, la cancellazione del festival da parte di MUBI è un episodio che deve far riflettere sulla condizione della libertà artistica in Turchia. I festival rappresentano luoghi di incontro, dialogo e innovazione. La loro soppressione non fa altro che impoverire il panorama culturale e limitare la voce di artisti e cineasti che cercano di raccontare storie indispensabili per la nostra società.