Il 7 novembre approda nelle sale italiane “Flow – Un mondo da salvare”, un film d’animazione diretto dal talentuoso Gints Zilbalodis, noto per il suo stile innovativo e artistico. Presentato al Festival di Cannes e alla Festa del Cinema di Roma, questo lungometraggio racconta una storia affascinante e visivamente sorprendente ambientata in un contesto post-apocalittico, in cui la natura ha ripreso il sopravvento dopo una catastrofica inondazione.
La trama ruota attorno a un gruppo di animali, ognuno con la propria personalità e motivazione, che intraprende un avventuroso viaggio di sopravvivenza. Il protagonista è un gatto nero, un felino solitario che abita in una casa abbandonata immersa nella foresta. Quando l’inondazione colpisce, il gatto è costretto a salire su una barca insieme a un cane, un capibara, un lemure e un uccello ferito. Insieme, si trovano a fronteggiare un mondo in rovina.
Questa pellicola si può considerare un vero e proprio road movie acquatico: gli animali navigano attraverso paesaggi allagati, rovine di città sommerse e misteriosi resti di civiltà, cercando un luogo sicuro dove rifugiarsi. La narrazione è interamente visiva, senza dialoghi, affidandosi a una serie di movimenti e interazioni tra i personaggi per esprimere emozioni e sviluppare la storia.
“Flow – Un mondo da salvare” non è solo una festa per gli occhi, ma affronta anche temi profondi e complessi legati all’umanità e alla natura. In questo viaggio, gli animali devono imparare a collaborare, riflettendo sulla crisi ambientale e sul futuro del pianeta. Temi come il cambiamento climatico, la solidarietà e la crescita personale emergono in modo accessibile e coinvolgente.
Un elemento centrale del film è rappresentato dal gatto nero, simbolo dell’individualismo. All’inizio della storia, il gatto è riluttante a interagire con gli altri animali, aggrappandosi alla sua autonomia. Tuttavia, man mano che affronta le sfide insieme agli altri, cambia e inizia a comprendere l’importanza della collaborazione. Questo processo di evoluzione lo porta a condividere risorse e a prendere decisioni collettive, mostrando come la comunità sia fondamentale in momenti di crisi.
Dall’altra parte abbiamo il cane, che all’inizio mostra una natura più dipendente, ma attraverso il suo percorso diventa un personaggio forte e determinato. Questo dualismo tra il gatto e il cane crea un interessante equilibrio narrativo, evidenziando modi diversi di affrontare le sfide. Inoltre, c’è il lemure, il cui comportamento leggero e comico offre una critica al consumismo, rappresentando il desiderio incessante di possedere beni materiali come simbolo di insicurezza.
Il capibara e l’uccello ferito arricchiscono ulteriormente il gruppo: il primo incarna una serenità nell’accettare la situazione, mentre l’uccello rappresenta il desiderio di oltrepassare le proprie limitazioni. Entrambi i personaggi contribuiscono alla crescita del gruppo, dimostrando che ogni membro ha un ruolo importante nel superare le avversità.
Uno dei messaggi più potenti che emerge da Flow – Un mondo da salvare riguarda il forte legame tra la crisi ambientale e le azioni umane. L’inondazione rappresenta non solo una catastrofe, ma una chiara metafora delle conseguenze delle nostre scelte. Gli animali si trovano a dover affrontare un mondo devastato dal cambiamento climatico, enfatizzando l’importanza di preservare la natura.
Infine, il film esplora in modo ironico la dipendenza dai beni materiali. Nonostante l’urgenza della situazione, la ricerca del lemure di oggetti luccicanti sottolinea quanto sia radicato il nostro attaccamento al materialismo, persino in tempi di crisi. Questo contrasto rende Flow – Un mondo da salvare un’opera non solo visivamente affascinante, ma anche profondamente significativa.