
Until Dawn: Fino all’Alba, l’ultimo lungometraggio di David F. Sandberg, noto per il corto Lights Out e la regia di Shazam, rappresenta un’interessante incursione nel genere horror soprannaturale. Questo film si distingue per essere un adattamento, puramente ispirato al celebre videogioco Sony omonimo, ma che si sviluppa attraverso una trama originale che amplia la lore dell’universo di riferimento. Sandberg dirige con maestria un survival horror sorprendentemente divertente e ricco di violenza, mantenendo un equilibrio tra innovazione e rispetto dei canoni classici del genere.
La narrazione segue un gruppo di amici che, alla ricerca di una persona scomparsa, si ritrovano invischiati in un incubo sovrannaturale. La struttura narrativa è tradizionale ma efficace: cinque giovani protagonisti, tra cui Clover (interpretata da Ella Rubin), Nina (Odessa A’zion), Abel (Belmont Cameli), Max (Michael Cimino) e Megan (Ji-young Yoo), si avventurano in un paesino remoto dove, un anno prima, è sparita la sorella di Clover, Melanie (Maia Mitchell). Esplorando un centro visitatori abbandonato, vengono braccati da un assassino mascherato e vittime di orribili omicidi.
Un elemento chiave del film è il loop temporale: i personaggi si risvegliano ripetutamente all’inizio della stessa notte e sono costretti a rivivere l’orrore più volte. Ogni ripetizione presenta minacce diverse e incrementa la tensione. La consapevolezza che possono morire un numero limitato di volte, insieme alla necessità di sopravvivere fino all’alba per scampare, introduce una dinamica unica, simile a un horror che gioca con il paradosso, ricordando per certi versi la commedia cult degli anni ’90 Ricomincio da capo.
La sceneggiatura di Gary Dauberman e Blair Butler si diverte a orchestrare in modo creativo e spesso grottesco le morti dei protagonisti, utilizzando una varietà di metodi splatter che valorizzano l’effetto visivo. Grazie a una sapiente combinazione di effetti speciali pratici e ambientazioni ben curate, il film immerge gli spettatori in un’atmosfera macabra ma, allo stesso tempo, leggermente banale nella sua essenza, con l’obiettivo dichiarato di decimare sistematicamente qualunque figura viva all’interno della narrazione.
Questa tensione drammatica si mescola a momenti di rassegnazione e conflitto tra i personaggi, che discutono animatamente e con ironia sulle strategie da adottare per salvarsi. La scrittura dei dialoghi, seppur semplice, risulta sorprendentemente funzionale nel creare empatia con il gruppo e nel mostrare le fragilità umane che emergono sotto pressione.
Nonostante il forte orientamento verso il puro intrattenimento visivo e violento, il film non trascura il mistero principale, ossia la sparizione di Melanie e la natura dell’entità malvagia che perseguita i protagonisti. Tuttavia, proprio quando la pellicola si concentra sull’intreccio soprannaturale e tenta di spiegare gli eventi, perde parte della sua piacevole assurdità e dell’ironia che l’aveva resa così godibile fino a quel momento.
Ella Rubin offre una performance convincente interpretando Clover, bilanciando bene la tenacia e la vulnerabilità del personaggio impegnato nella disperata ricerca della sorella. L’ingresso nel cast di Peter Stormare come villain aggiunge una nota di interesse e imprevedibilità, arricchendo ulteriormente la narrazione.
Per gli appassionati di horror, Until Dawn: Fino all’Alba rappresenta una proposta valida e originale, capace di coniugare scene splatter spettacolari e un approccio volutamente sopra le righe. Il film, infatti, non si prende mai troppo sul serio, riuscendo così a coinvolgere gli spettatori in un gioco tra tensione e divertimento, pur trasmettendo momenti di autentico terrore.